Rubrica segnalazioni: proprio questa mattina sono incappata in Nel dirsi addio, l’ultimo romanzo di Marcello Fois pubblicato qualche mese fa da Einaudi. Dalla quarta di copertina sembra avere tutte le carte in regola per essere il tipo di storia che adoro: un noir d’ambientazione italiana – Bolzano – un ragazzino scomparso; un commissario che, oltre al caso in questione, deve occuparsi di vicende personali e intime come il coming-out verso il padre e il rapporto con il proprio compagno. E una scrittura che, a giudicare dall’estratto (che ho divorato) promette di essere limpida e precisa e al tempo stesso emozionante e lirica. Insomma. Se vi piacciono i thriller e noir nostrani, e quindi probabilmente conoscete già anche Fois, dategli un’occhiata.^^
Presentazione dell’editore
Un bambino di undici anni sparisce nel nulla in una Bolzano diafana. Intorno a lui, scheggiato e vivo, il mondo degli adulti, in cui nessuno può dirsi innocente e forse nemmeno del tutto colpevole. Al commissario Sergio Striggio per inciampare nella verità sarà necessario scavare a fondo dentro se stesso, ed essere disposto a una distrazione ininterrotta. A vivere appieno i sentimenti che prova, per una donna e soprattutto per un uomo. A stilare un elenco di cose bellissime. Ad accompagnare un padre ingombrante nel suo ultimo viaggio e a ripensarsi bambino. Perché solo imparando a cambiare punto di vista è possibile chiudere i cerchi e non farsi ingannare da un gioco di specchi.
Quando s’imbatte nel caso del piccolo Michele, scomparso dall’auto dei genitori in un’area di sosta senza lasciare traccia, il commissario Striggio sta attraversando un periodo piuttosto complicato. A casa, Leo vorrebbe che lui la smettesse di nascondere il loro amore, soprattutto al padre. E il padre, dal canto suo, sta per arrivare da Bologna con una notizia sconcertante. La sparizione di Michele – un bambino «speciale», dotato di capacità di apprendimento straordinarie e con seri problemi di relazione – è un ordigno destinato a far deflagrare ogni cosa. A riattivare amori, odii, frammenti di passato che ritornano: perché in gioco è soprattutto l’umanità, in tutte le sue declinazioni. E forse la soluzione può venire più facilmente proprio dalla dimensione interiore che dagli snodi di un’indagine tradizionale. Per questo, mentre indaga, il commissario vive, pensa, si distrae, si perde. Cosí gli altri intorno a lui. Perché il nuovo romanzo di Marcello Fois è un noir al calor bianco, tesissimo ma continuamente franto, interrotto dalla vita e dai pensieri di chi la sta vivendo, incentrato sui sentimenti e sulla capacità di riconoscerne la voce piú autentica. Fois scolpisce una galleria di personaggi tridimensionali e vivi: gli abitanti della sua storia si scoprono deboli e spesso bugiardi, capaci di rancore ma al contempo in grado di perdonare e di piangere le loro manchevolezze. Genitori, figli, fratelli, colleghi e amanti: tutti partecipi di un mistero che sta ben attento a nascondere la propria soluzione fino alle battute conclusive, quando Fois cala finalmente gli assi e rivela ancora una volta la sua grande tempra di narratore universale.
Dati tecnici
Titolo: Nel dirsi addio
Autore: Marcello Fois
Casa editrice: Einaudi
Anno di pubblicazione: 2017
Einaudi | Amazon | Goodreads
E con questo, dopo “Tutto inizia e finisce al Kentuky Club” e “Tutto questo ti darò”, siamo a quota tre romanzi che hai segnalato/recensito e che mi sono saltati praticamente da soli nel carrello di Amazon.
Mi ridurrai in miseria, Micol XD Ma siccome di thriller nostrani ne ho letti pochissimi, e da quando mi sono avvicinata al genere mi sono ripromessa di rimediare, spenderò in allegria ^^
^____^ Credo che questo meriti davvero, anche se forse io mi salvo perché ho visto che ce l’hanno nella biblioteca del mio paese, quindi credo di prenderlo in prestito lì e comprarlo solo se avrò bisogno di averne copia cartacea.^^ E su Saér ho già detto tutto quello che c’era da dire^^: non so se è esattamente il tuo genere, ma penso che sia bellissimo a prescindere.
Su “Tutto questo ti darò” ero un pelo più scettica perché, come accennavo nel post, ho avuto una reazione un po’ ambivalente alla serie precedente dell’autrice – il primo romanzo soprattutto era pieno di cose che odiavo (tipo, le caratterizzazioni dei pg femminili per me erano spaventose) ma aveva lo stesso qualcosa di ipnotico (io sono fissatissima per le ambientazioni rurali, e quello era tutto tra le montagne e leggende dei Paesi Baschi. *rolls*). Da quello che ho letto finora – credo di essere a circa un quarto della versione spagnola? – il suo stile in questo è migliorato e scorre molto bene, ma non so se lo considererei proprio letteratura. Per ora è di certo un buon esempio di narrativa di intrattenimento, ma la ragione per cui l’ho segnalato è soprattutto l’entusiasmo che mi provoca sempre vedere protagonisti LGBT in opere di narrativa mainstream.^^