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Marzo

Posted on 20 Marzo, 201930 Ottobre, 2020 by Micol

Direi che il non-proposito di essere più presenti è iniziato bene, quest’anno. Se rileggo il post di inizio gennaio mi trovo quasi a sorridere per il cauto ottimismo che traspariva tra le righe, la voglia di scrivere e fare. In realtà, questi primi tre mesi sono stati abbastanza piatti, sotto vari punti di vista; o forse profondi, ma come i baratri che ti inghiottono e da cui non riemergi. Tra eccessi di lavoro e disavventure varie, abbiamo prodotto pochissimo. E le cose messe in moto prima non hanno ancora portato risultati concreti, nulla di condivisibile e che dia la sensazione di qualche passo avanti.

Chiaramente, anche le previsioni che avevo fatto sulle storie tra cui giostrarci si sono rivelate sballate. Se non del tutto, quasi.

Il dato più rilevante, credo, è che la mancanza della Rosa si fa sentire in modo sempre più lancinante. Credevo che passare qualche mese con Viv e Carlos mi avrebbe aiutato a superarla, ma in realtà sembra non aver fatto altro che renderla più acuta. Il che è un problema, perché il grosso della Rosa resta legato a Bj&Sam e alla necessità di scrivere in coppia, e se c’è qualcosa che abbiamo appurato in questi ultimi anni è che, se trovare il modo di lavorare da sole non è sempre facile, riuscire a incastrare tempi&energie per lavorare in coppia è una specie di miracolo. Inutile dire che, per il momento, non si è ancora realizzato. Sto cercando di ragionare sulle storie satellite, per capire se potrei provare a mettermi a lavorare su qualcosa di propedeutico alla trama vera e propria, ma… finora non mi è venuto in mente nulla di fattibile.

Non aiuta, presumo, che negli ultimi anni sembri diventato impossibile cominciare a scrivere senza un’idea precisa – anche se magari ancora del tutto sfalsata – di quale dovrebbe essere il nucleo portante della trama. (Un giorno mi piacerebbe parlare anche di questo: di come è cambiato il mio approccio alla scrittura, e alla costruzione delle storie; di quanto ciascuna delle cose finite o in ballo abbiano avuto un percorso diverso eppure, in qualche modo, riconducibile a un’essenza in comune; e forse anche di come sia affascinante, per me, notare le differenze con cui io e Sabrina ci approcciamo alla cosa, quando lavoriamo da sole ma anche quando lo facciamo insieme. Prima o poi, vorrei davvero riuscirci, anche solo per schiarirmi le idee…)

In ogni caso, questi mesi sono stati dedicati soprattutto a lavorare su altro e fantasticare su mille cose diverse. Quando sono stanca – certe stanchezze mentali, soprattutto, tipo quando hai passato ore a fare la spola da una lingua all’altra cercando di piegare sintassi e vocabolario a una musicalità che possa soddisfare il tuo orecchio, e come risultato il cervello alza bandiera bianca e rifiuta qualunque attività richieda una sua espressione attiva – bastano pochi stimoli, per far partire le fantasie. Il problema è più che altro concretizzarle. Addensarle in una forma e stenderle. Mentre guardavo serie tv crime scandinave un po’ troppo oblique per i miei gusti, le suggestioni si moltiplicavano schizofrenicamente… (Il che, in effetti, non aiutava molto con l’obliquità delle trame che tentavo di seguire. In compenso, l’universo di Disamistade si è allargato di altre due o tre relazioni che mi piacerebbe davvero esplorare. *rolls*)

L’unica cosa su cui sono riuscita a lavorare sul serio – un pochino – è il seguito diretto degli Aironi. (Che non è la storia di cui parlavo a gennaio, ovviamente, ma l’altra, perché il mio cervello non riesce mai a mostrare coerenza.) Ho scritto circa seimila parole, e plottato in maniera abbastanza coerente l’arco narrativo, credo, in milioni di bigliettini e una sinossi di più di duemila parole che Sabrina ha letto e approvato con qualche scetticismo, più che altro perché la relazione pregressa dei protagonisti è così complicata (e al tempo stesso indiretta) che strutturare un incipit in grado di renderla chiara anche a chi non abbia letto il primo romanzo senza ricorrere all’infodump più orrido è… complicatuccio. Credo sia questo ad avermi smontato, un poco. Oltre al fatto che okay, si tratta di due protagonisti parecchio discutibili e antagonistici e boh. A volte mi chiedo a chi potrebbe interessare leggere di loro a parte me. E Sabrina, forse. Ma vedremo dove andrà l’ispirazione quando mi ritroverò di nuovo con un po’ di tempo per lavorare. (Presto, spero. Ma ormai non faccio promesse…)

A salvare questa parentesi di vuoto è il fatto che – incredibilmente – sono riuscita a fare qualche progresso mentale sulla cosa su cui avrei scommesso di meno, ovvero il mystery (?) al femminile che mi ossessiona da almeno cinque anni. Ed è strano, in realtà, il modo in cui lo sto avvicinando: a volte mi trovo a rigirarmi l’idea in bocca come una perla, ne immagino i colori e le sfumature, l’atmosfera. Ho in mente la protagonista, il fantasma che la abita; finalmente so anche il contesto in cui si muove, che cosa le è accaduto di recente. E so quello che vorrei esplorare, in maniera ancora esitante; i simboli su cui vorrei tessere l’impalcatura. Mi manca il finale – sia passato che presente – e in realtà ancora anche quasi tutta la trama. Ma è come se sentissi che mi basterà scavare, scolpire la materia che tengo in mano per trovarla. E che, quando ci riuscirò, sarà una cosa diversa da tutto ciò che ho scritto finora.

(E in questo periodo ho bisogno di questo, credo. Come orizzonte mentale, soprattutto. Non per rinnegare qualcosa, ma per proseguire un percorso. Anche se l’aver riesumato l’abbozzo di prologo scritto e abbandonato nel 2015 e averci trovato qualcosa di ciò che vorrei oggi è stato dolcissimo. Un po’ come aprire gli Aironi con un frammento vecchio di anni. Quasi fosse un dialogo tra fasi diverse, salti in avanti e riprese, ritorni.)

*

E infine… per aggiungere qualcosa alla solita carrellata non richiesta di progetti in potenza, un paio di libri già pronti che spero riusciranno a entrare tra le mie prossime letture.^^

La prima segnalazione è per un romanzo in uscita domani per Fandango: Cattiva di Myriam Gurbo, che promette di essere meraviglioso e tutto quello che cerco in un libro: un ibrido di “poliziesco, memoir e storia di fantasmi”, scritto con una lingua scarna e poetica da un’autrice messicano-americana. (Infatti non mi capacito di essermelo lasciato sfuggire quando è uscito in lingua originale, ma insomma, l’importante è arrivarci.^^)

La seconda segnalazione è per Chi ha ucciso mio padre, l’ultimo libro di Édouard Louis uscito a inizio mese per Bompiani (che ha pubblicato la sua intera produzione). L’autore è stato un po’ l’enfant prodige della cultura francese, ha scritto un primo romanzo di ispirazione autobiografica – Farla finita con Eddy Bellegueule – che mi era stato molto consigliato e in cui racconta le difficoltà di crescere gay e intellettualmente curioso nell’arretratezza della campagna francese, e un secondo – Storia della violenza – che ho già in casa e sto cercando il coraggio di iniziare, perché dovrebbe essere incentrato sull’esperienza e la disanima di uno stupro subito. Di lui ho letto anche diversi articoli, e mi hanno sempre colpito molto la sua lucidità e prospettiva politica: questo libro in particolare credo potrebbe essere utile per comprendere meglio le ragioni profonde di ciò che sta accadendo in Francia in questi mesi. (E, in forme leggermente diverse, in tutta la nostra Europa, e forse l’intero occidente devastato da neoliberismo e rigurgiti di nazionalismo fascista). Su Le parole e le cose se ne può trovare un breve estratto.

E per concludere, altro romanzo che non ho ancora letto ma bramo: Acquadolce di Akwaeke Emezi, pubblicato da Il Saggiatore, di cui ultimamente si è parlato parecchio (con dibattiti interessantissimi) perché è il primo romanzo di un’autorə non binariə a essere candidato per l’All Women Prize. E boh. Sembra bellissimo.

(Chissà, magari prima o poi riuscirò anche a scrivere di nuovo qualche recensione…)

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L. Cohen

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