Partiamo dalle cose oggettive, e quindi semplici: Ultimo oceano uscirà tra pochi giorni, giovedì 14 ottobre. È già disponibile il pre-order scontato, su Amazon e sul sito della Triskell, e sarà acquistabile anche sugli altri store. È il secondo volume di una serie, ma si legge come un romanzo auto-conclusivo: il protagonista, Theo, è un personaggio del tutto nuovo, gli altri due personaggi principali, Raven e Jude, svolgevano un ruolo piuttosto importante in In luce fredda (che tra l’altro da qualche giorno è disponibile nell’abbonamento di KU, se qualcuno volesse recuperarlo per l’occasione), ma non è necessario averli già conosciuti per seguirli in questa nuova storia.
Non serve neanche aver letto la Rosa ai tempi in cui la pubblicavamo online, ovviamente, anche se spero che i vecchi lettori saranno felice di ritrovare Raven e Jude: loro sono ancora gli stessi, e io continuo ad amarli come allora. Theo è invece molto diverso dal personaggio che per qualche tempo avevamo cercato di intrecciare alle altre trame della Rosa: è mio, innanzitutto, mentre la sua prima versione aveva decisamente il marchio di Sabrina, e si porta dietro ferite di tutt’altro genere. Anche la trama proviene dalla Rosa, in qualche modo, ma ha subito una rielaborazione più profonda di In luce fredda, che già era una storia scritta quasi interamente da zero: in modo un po’ paradossale, dato che è narrata solo dal punto di vista di Theo, attinge più al passato di Raven che a ogni altra cosa. È la storia di Raven, o una sua parte, anche se in filigrana.
Ultimo dettaglio prima di lasciare l’ambito delle informazioni oggettive: è una storia poliamorosa, ovvero che riguarda più persone (in questo caso tre) coinvolte apertamente in un’unica relazione sentimentale. All’inizio del romanzo, Raven e Jude sono una coppia consolidata che non prova alcun interesse verso la monogamia; Theo è un ragazzo ferito da una relazione non-monogama disfunzionale ed è per questo comprensibilmente riluttante a farsi coinvolgere nel loro rapporto. Il tema del consenso e della trasparenza sono trattati in modo esplicito, la gelosia è qualcosa di cui i personaggi parlano ma che non rappresenta un problema della loro dinamica (né nelle singole coppie né a livello di triade) e non è presente alcuna forma di triangolo. Né, ovviamente, si verificano tradimenti di alcun tipo.
E qui finiscono i dati oggettivi, credo, perché il fatto stesso che si parli di una relazione poliamorosa significa che questo romanzo mi tocca a un livello diverso dal solito; perché anche mentre lo scrivevo, senza immaginare nemmeno lontanamente il modo in cui mi sarei trovata a pubblicarlo, la paura di mostrarlo al pubblico era una spina profonda, continua. Ho scritto il 90% della storia ripetendomi che non avrei dovuto pubblicarla per forza, che la stavo scrivendo per me e per me sola. Il risultato è il romanzo che avrei voluto leggere, che una parte di me non ha ancora smesso di cercare: penso sia un successo di per sé, questo, e non posso pentirmene. So anche che per alcune persone, anche persone che hanno sempre seguito i lavori miei e di Sabrina, questo potrebbe rappresentare un ostacolo: non so se sto ingigantendo questo aspetto nella mia testa, perché è dai tempi delle Lucciole che mi porto dietro certi lividi, ma è una cosa a cui penso spesso, e mi dispiace. Ma di storie ce ne sono tante, in fondo, e non voglio sentirmi troppo in colpa se assecondo i miei interessi.
Sono cambiate molte cose, nell’ultimo anno, alcune immaginabili da chi mi conosce un minimo, altre che lascerebbero probabilmente sconcertate anche persone che mi conoscono più nel profondo, e ho dovuto abbandonare per strada molte bussole perché gli aghi puntavano in direzioni troppo contrastanti. Una delle bussole che ho tenuto è quella soggettiva e personale: le cose che amo e sento, le cose che non tollero. L’altra, il ricordo di Sabrina e quel che mi ha insegnato e il modo in cui mi trovo a usarlo ancora adesso come monito.
Ultimo oceano è il primo romanzo che concludo senza la sua approvazione definitiva ed è anche quello per cui ne sento meno il bisogno. Vorrei che avesse potuto leggere anche la seconda metà perché so che l’avrebbe amata, perché era un regalo e una promessa e non ho fatto in tempo a consegnargliela – ho messo il punto finale pochi giorni prima di scoprire che stava male, tre mesi prima di sapere che non si sarebbe mai ripresa – perché in questi lunghi mesi che sono seguiti alla sua scomparsa ho scritto poco e nulla e ciò che ho scritto di Luis e Mark nel romanzo che uscirà tra pochi giorni è ancora il massimo che sia riuscita a fare per mantenere l’altra promessa esplicita.
C’è il suo nome in copertina. C’è perché tutto quel che riguarda la Rosa è indissolubilmente connesso a lei, al nostro rapporto, ai milioni di parole che abbiamo scritto negli anni, ai personaggi che sono nati e cambiati e hanno cambiato noi. C’è perché Raven e Jude non sarebbero loro se non li avessi rodati per anni nelle interazioni comuni, c’è perché non sarebbero loro se non ci fosse stato Dee – e Dee non ci sarebbe mai stato se non fosse stato per lei -, c’è perché Theo è nato nella sua testa e ci ha fatto disperare per anni e l’abbiamo depennato per sfinimento ma quando dovevo trovare un nome al protagonista di questo romanzo continuavano a tornami in mente i suoi occhi, il suo viso. Perché lei me l’ha lasciato. Perché mi ha lasciato così tante cose, perché abbiamo passato così tante ore a sviscerare trame, relazioni, dinamiche, che lei è ancora il sostrato di tutto. Perché chi scriveva materialmente qualcosa, tra noi, passava sempre in secondo piano. Ma soprattutto, forse, perché ne sentivo il bisogno.
Ci sarebbe altro da dire, sicuramente. Sul romanzo che sta per uscire e su questi mesi in cui sono sparita nel nulla, sulle storie che non sto riuscendo a scrivere e su quelle che spero di poter ancora prima o poi raccontare, su mille altre cose. Ma ho impiegato due giorni per scrivere queste righe e tutto il resto è ancora troppo complicato, un groviglio duro, difficile.
Sapevo che questa pubblicazione sarebbe stata diversa da quelle che l’hanno preceduta, l’avevo messo in conto. È inevitabile, quando un pezzo di te viene traghettato da una vita all’altra, quando salpa da una riva e approda in un altro tempo, dopo qualche tempesta.
Forse ci sarà occasione di tornarci sopra in futuro.
Per il momento, spero solo che Theo, e Raven e Jude, e la storia sommersa di Ultimo oceano possano fare compagnia ad alcuni di voi, che vi regalino un bel viaggio.
Grazie di tutto.
Theo ha una storia da scrivere, un paio di vite già archiviate e il fantasma di un ex ancora da esorcizzare del tutto. Quando lascia Los Angeles e si trasferisce in Massachusetts per frequentare un master di scrittura creativa è determinato a rigare dritto ed evitare le complicazioni, così, quando il destino mette sulla sua strada Raven e Jude, una coppia poliamorosa che lo affascina da subito, il primo istinto è quello di tenersi alla larga.
Resistere alle tentazioni non è mai stato il suo forte, però, e Jude e Raven sono una tentazione fortissima: più tempo passa con loro, più Theo si trova a chiedersi se abbia senso negarsi ciò che desidera solo perché teme di alterare l’equilibrio. E quando il suo professore di scrittura gli mette in mano un libro che tocca Raven e Jude da vicino – e traccia diversi parallelismi con la sua storia – Theo comincia a pensare che ci potrebbe essere una ragione più grande dietro a quell’incontro, che forse l’equilibrio è qualcosa che si costruisce insieme, man mano.
Attirato in una storia di sparizioni, poesia e fantasmi più o meno metaforici – con la voglia di ritrovare la sua voce, e la sensazione sempre più scomoda che sia impossibile farlo finché non trova il coraggio di affrontare il passato – Theo scoprirà che a volte la sfida più grande è essere sinceri con se stessi e smettere di fuggire. Che le complicazioni possono portare anche cose belle. E che entrare nelle vite degli altri non significa per forza sbilanciarle o metterle a soqquadro: a volte può aiutare a mantenere l’equilibrio, e persino a trovarne uno nuovo.