In questi giorni bisognerebbe scrivere post di auguri, credo, o bilanci, liste di libri dell’anno, riepiloghi dei momenti importanti o… cose del genere: in qualche modo celebrative. Insomma, non è una regola, okay, ma sembrerebbe carino. Mi sento quindi in dovere di avvisare che questo non è esattamente quel genere di post.
Non so bene cosa sia, in realtà, solo che cerco di scriverlo da mesi e da mesi rimando, e non è che adesso abbia le idee più chiare delle altre volte che ci ho provato, o più tempo – è il 30 dicembre e ho DUE traduzioni aperte qui accanto, una pronta per la consegna e l’altra per nulla -, ma molto sinceramente, l’idea di trascinarmelo nel 2023 mi soffoca come poche cose al mondo (il che è tutto detto) e ho bisogno di sputarlo fuori per poter magari ricominciare ad avere una qualche presenza online nel nuovo anno. Questa è la speranza, almeno. Il proposito.
(I propositi sono cosa da fine dell’anno, giusto? Quindi non sono del tutto off topic, non completamente almeno.)
Perciò, ricapitolando. Ciao.^^ Qualcuno di voi si è forse chiesto che fine avessi fatto, dato che ho passato l’ultimo anno in una specie di clandestinità, senza dare segni di vita né qui sul blog né su nessuna delle varie piattaforme di Effemeridi, e la verità è che non so bene neanche questo. Ho… tradotto? Letto fanfiction. Studiato i tarocchi. Sognato di fuggire in montagna. Perso giorni e settimane e mesi in una massa informe di tempo che a quanto pare è durata più di un anno.
Non ho scritto nulla, ecco. E letto pochissimo, soprattutto in ambito LGBTQ. Insomma: mi sono presa una pausa da tutto ciò che facevo qui sopra. E per certi versi, anche un po’ da tutta quanta la mia vita.
Dato che quella vita mi manca, però, in tante cose che non potranno tornare, e anche qualcuna che potrei riuscire a riesumare con qualche impegno, il principale proposito per l’anno che sta per iniziare è di ricominciare a fare qualcosa che mi faccia sentire meno il fantasma di quello che ero. Il che significa, essenzialmente, credo, ritagliarmi di nuovo un piccolo spazio in questo mondo. Riprendere a scrivere, a leggere, a pensare: ritrovare la mia voce.
Non so ancora come, di preciso. È sicuramente venuto il momento di qualche taglio drastico, perché tutti i social di Effemeridi hanno ancora il nome di Sabrina e sono passati due anni, ormai, anche se ho fatto il possibile per scombinarne il passaggio: devo trovare il modo di voltare pagina e capire cosa fare davvero di quel che mi è rimasto.
Vorrei ricominciare a scrivere recensioni, un po’ perché voglio far pace con la narrativa e questo potrebbe servire da stimolo, un po’ perché mi manca la dimensione riflessiva del ragionare su quel che ho appena letto, cercare le parole per raccontarlo agli altri e a me stessa, nel presente e nel futuro.
Vorrei riprendere la newsletter, con tempistiche diverse, forse, una forma nuova: è stata qualcosa che mi ha tenuto compagnia in quello che credevo fosse l’anno più brutto e mi piacerebbe dimostrare a me stessa che posso recuperarla. Riallacciare le fila.
Più che tutto, però, voglio ricominciare a scrivere storie, perché quando dico che non ho scritto nulla quest’anno intendo in senso letterale: è da dicembre 2021 che non scrivo un racconto. L’ultima cosa consistente a cui ho lavorato è stata Ultimo oceano. È la pausa più lunga in cui sia inciampata da quando a dodici anni ho cominciato a riempire fogli e quaderni di parole, e per la prima volta non sento che mi stia facendo bene: di solito quando passavo mesi senza scrivere era per ricaricare le energie, per lasciare che le idee macerassero e si condensassero in qualcosa di più efficace. Adesso sono soltanto svuotata, arrugginita, incerta su tutto: le mie capacità, le mie intenzioni, la direzione in cui stavo andando. Quella da prendere adesso.
Ho una marea di spunti, personaggi, trame confuse che per qualche settimana elaboro e poi accantono per lasciare posto a un nuovo abbozzo caotico. A volte ritornano, e quando succede mi sembra che siano migliorate rispetto a quando mi sono sfuggite di mano, si mescolano insieme, aggiungono pezzi, diventano più precise: ma non si lasciano scrivere. E se all’inizio era quasi un sollievo – perché okay, era davvero assurdo illudersi di poter continuare come se niente fosse, con la Rosa e tutto – adesso è più che altro frustrante. Stancante. Anche un po’ spaventoso.
Non so bene cosa riuscirò a fare, lo ammetto. Una parte di me vorrebbe ricominciare a pubblicare online e basta, recuperare una dimensione più snella, soddisfazione immediata e riscontri; un’altra vorrebbe finire qualcosa e tenerla in un cassetto per anni, come fanno gli autori veri, tornarci con occhi diversi e smontarla, riscriverla, dargli una nuova consistenza. A volte penso di fare riepiloghi mensili soltanto per darmi uno sprone, dedicarmi ogni giorno a una storia diversa finché qualcuna non decolla, darmi un limite di parole settimanale, se non giornaliero, provare con i riti, le sfide, gli spunti. Tutti i trucchi per superare il blocco dello scrittore che ho letto negli anni. Scrivere racconti. Scrivere poesie. Scrivere di ragazze e di ragazzi, o altre relazioni poly, scrivere thriller e fantasy e storie di fantasmi, cose assurde e cose serissime. Sperimentare. Tornare all’ovile.
Più che tutto, voglio riuscire a fare. Una qualunque di queste cose.
Magari se mi impongo di parlarne in chiaro, invece che ammorbare solo le poche persone che sento in privato, alla fine l’imbarazzo di non concludere niente diventerà così grande da costringermi a produrre davvero qualcosa.
Un po’ ci spero, ecco.
L’unica cosa sicura è che continuare così non funziona, mi fa solo sentire sempre più inutile e svuotata. Spenta. Devo cambiare strategia.
E forse è il momento giusto, a parte tutto, per i viaggi e i passaggi e le fasi di transito. Non solo perché è la fine dell’anno, e il nuovo inizio, e questo per me ha sempre avuto un significato importante, ma anche perché continuo a pensarci a prescindere, come se avvertissi una vibrazione nell’aria. O dentro di me, forse: una nuova frequenza.
Sta uscendo anche nei tarocchi. È una cosa che mi colpisce sempre, in realtà, come siano uno specchio di quello che ho dentro, quando riesco a mescolarli concentrandomi, almeno, quando li stendo con la giusta attenzione: non servono a niente per predire il futuro – non per me almeno – ma è quasi inquietante la precisione con cui registrano il mio presente. L’anno scorso erano un proliferare di solitudine e ritiro e immobilità e dolore, mischiato a qualche accenno di rimpianto. Adesso è qualche giorno – da quando ho ricominciato a giocarci mentre aspetto che salga il caffè per colazione – che mi esce spesso il 6 di spade: una delle carte di transito, quella forse più struggente. C’è una barca, acque calme, persone incappucciate e silenziose traghettate verso una riva lontana: spade piantate nel legno che miracolosamente non sembrano attentare alla stabilità dello scafo. È triste, ma anche serena. L’idea di un viaggio forzato, un esilio, una vita lasciata alle spalle e un’altra che attende. Sto cercando di prenderlo come un buon auspicio.
E non so. Forse funziona anche come augurio. Dato che tutti ci stiamo lasciando alle spalle qualcosa, tutti stiamo andando incontro all’ignoto: sempre, ma in questo periodo con più consapevolezza. Spero che ci aspetti qualcosa di bello sull’altra riva, che potremo ritrovarci di nuovo. Insieme e da soli, chi tra noi si è perso almeno. Chi ha lasciato per strada qualcosa, perché pesava troppo o perché non si è accorto che scivolava via; chi ne sente la mancanza, il vuoto. Gli auguro di ritrovarlo sulla sabbia o nell’acqua, in fondo alla borsa, in mano a una persona nuova. O in qualche nuova storia.
E adesso chiudo, che ho scritto il solito poema.
(Cerchiamo di prendere come un segno anche questo.^^)
❤️
♥
È sempre bello rileggerti! 💙 Spero che riuscirai presto a trovare un buon modo per stare bene in questo mondo, qui ti si aspetta pazienti!🤗
Grazie, Baylee! ♥ Spero davvero che sia la volta buona che riesco a tornare, ne ho davvero voglia anche io.^^